innocente
SIPARIO: DAVANTI C’E IL BEL CANTO, DIETRO LA TORTURA



LA CULTURA OCCIDENTALE ci ha abituato a considerare lo spazio dell'arte come lo spazio della rappresentazione e non dell'evento, secondo una mentalità che tende a privilegiare il contenuto della narrazione più che il sup-porto su cui si organizza il linguaggio dell'arte. In questo caso lo spazio corrisponde a una nozione di misura di esso, che lo considera come un'entità bloccata e definitiva. La strategia dell'arte contemporanea poggia invece su una diversa mentalità, per cui lo spazio è una quantità dinamica e precaria, direttamente determinato dai segni che lo occupano. Allo spazio succede la definizione di campo, zona aperta e relazionale, che tende a darsi come insieme concreto e non come entità separata e astratta. Lo spazio della rappresentazione era sempre il luogo del-l'esemplarità e del modello ostentato in maniera assoluta, a' di fuori di qualsiasi dimensione temporale, anzi il tempo era lo spazio eternato o dalla prospettiva rinasci-mentale o dalla bidimensione di una pittura che pur sempre si poneva come forma simbolica di un mondo riconosciuto e celebrato.

Con la nozione di campo fa irruzione nello spazio dell'arte la discontinuità temporale e il passaggio della rappresentazione all'evento.

Lo spazio si apre duttilmente per accogliere l'evento di segni che si organizzano e si definiscono sincronicamen-te con il proprio supporto, con un impatto diretto, senza più alcuna gerarchia, senza nè alto nè basso, senza nè destra nè sinistra.

Innocente, muove il suo lavoro da quest’ideologia dello Spazio, che tende a considerare l'arte come il luogo della verifica critica e fenomenologica di un mondo organizzato, invece, secondo gerarchie e norme economiche che Io paralizzano e lo alienano, lo rendono cioè altro rispet-to al corpo sociale a cui sembra destinato.


Così lo spazio, da iniziale, viene promosso a labirinto, un itinerario intricato, mosso da sentieri plurimi che trova-no sbocco su altri sentieri. Ma non esiste la possibilità di un ritorno circolare, la precarietà delle linee inibisce qualsiasi movimento rassicurante e ritornante su se stes-so.

L'artista parte da una visione del mondo non più astori-ca, bensì analitica, mossa dall'esigenza di ricreare, attra-verso T'arte, il mondo così com'è. Allora egli essume dentro il proprio lavoro i segni codificati della pubblicità, elementi già fissati in uno stile popolare e consumistico. Se la volgarità di partenza di questi dati viene accolta, il recupero rispetta la norma linguistica del ready made, del bell'e fatto, del già trovato e per questo l'irreale e l'artifi-ciale dell'oggetto quotidiano.

La volgarità del mondo risponde a situazioni storiche che la determinano e la rendono irreversibile. Le figuri-ne, provenienti da un altro mondo, si dispongono nello spazio dell'arte con un'improvvisazione e una relazione medita, diversa da quella che ne determinava l'accetta-zione e consumo. Esse si dispongono in maniera non meccanica, non corrispondente cioè al codice di com-portamento stereotipato a cui sono abituate nel loro spa-zio consueto.

Se la Pop-Art era un'apologia dell'artificio e del mondo della produzione e se teticizzava la vita nei suoi partico-lari, questo vuol dire che non possedeva e non poteva avere una capacità di giudizio sul mondo che non fosse anche un'adesione pragmatica e ottimista al mondo stes-so.

Innocente invece con una malignità ideologica tutta europea lavora non sul particolare ma sul generale, evi-tando la presentazione isolata, bensì affollando di avveni-menti minimi la superficie del quadro. Se la pubblicità ha bisogno di isolare il prodotto che segnala, per meglio affermarlo, l'artista qui capovolge tale atteggiamento e infittisce le presenze, creando una comunicazione molti-plicata e simultanea.

Innocente utilizza l'assunto di Cage che tutta la vita é un materiale, di cui é possibile essere cleptomane e nello stesso tempo testimone. La testimonianza non è fredda e distaccata, perché non è possibile distanziarsi da un mondo che non permette una contemplazione serena e felice.

Il mondo è quello che è: uno stato di tensione permanente, prodotto non soltanto dal movimento naturale cose, ma anche dallo squilibrio e dalla sopraffazione economica e sociale.

L’arte diventa allora la testimonianza emotiva, che riesce a riconoscere il caos del mondo, dove il disordine non è superamento dell'ordine, bensì la degradazione della ragione a semplice ragione economica, che vive secondo separati e separanti, ponendo l'uomo in uno stato di solitudine che lo rende asociale e non destinato agli uomini.

Innocente allora adotta una tattica e una strategia. La tattica è l'organizzazione dello spazio operativo dell'arte (il quadro, il muro della galleria o del museo), secondo forme asimmetriche su cui applicare elementi mobili e variabili per posizione, in quanto semplicemente appoggiati al supporto.

Il supporto fisso spesso accoglie immagini priapiche, che sono la struttura erotica, su cui variano gli elementi strutturali. La fluidità di questi insiemi ha la mobilità propria della musica, la possibilità cioè di un passaggio e di un rapporto molteplice e variamente modulabile. Ma le variazioni avvengono sempre dentro lo stesso campo che è quello della violenza della storia, anche se accompagnata dalla leggerezza dei movimenti e delle sostituzioni. La strategia perseguita dall'artista è quella di produrre contemporaneamente una presa di coscienza e anche un'affermazione positiva della vita e del gesto estetico.

Perché se l'arte vive sulla contraddizione tra la propria affermazione e la negatività di ciò che afferma, è pur tale duplicità non può essere ridotta individualmente, bensì soltanto esercitata come contraddizione. Sul sipario davanti c'è il bel canto, dietro la tortura.

Achille Bonito Oliva